Eccellere: è un nuovo obbligo?

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Leggo le notizie riportate dalla stampa in questi giorni, leggo i commenti ai fatti salienti e mi colpisce un verbo ricorrente: eccellere.
Mi pare di avvertire, ma forse mi sbaglio, un bisogno immotivato di primeggiare, di essere riconosciuti i primi, i migliori.
Mi sembra diverso dall’impegno a fare bene il proprio lavoro. Mi sembra diverso anche dal bisogno di essere apprezzati.
Voglio dire: è giusto desiderare di sentirsi dire: “sei bravo, stai facendo un buon lavoro”. Diverso è il desiderio di sentirsi dire “sei più bravo degli altri, stai facendo meglio di loro…”
Questo bisogno di competizione lo capisco (più o meno) nello sport; ma trasformare tutta la vita in competizione è frustrante e pericoloso. Soprattutto quando per eccellere non si guarda tanto per il sottile ai mezzi. Sarà per questo che tendiamo ad essere nevrotici?
Forse ha ragione il salmista, quando dice: “mi corico tranquillo e subito mi addormento: tu solo, Signore, mi metti in pace”.
Un caro saluto.

don Gianni.