Scarica il bollettino Insieme del 27 novembre

Cari parrocchiani,
il diluvio segna la fine di un mondo, ma soprattutto l’inizio di un mondo nuovo, più bello; quello che propone Gesù.
Perciò Gesù ci invita a non essere distratti o sfiduciati.
Lui viene, e viene per aiutarci a impostare un mondo dove ci sia giustizia e pace per tutti. Ci incoraggia a essere tutti non figli della violenza e dell’egoismo, ma figli dell’uomo, persone umane che amano l’umanità.
Uno viene preso e uno lasciato; non si sa se è più fortunato chi viene preso o chi viene lasciato, ma certamente è fortunato chi è attento a questa venuta del Signore e gli dà
importanza.
Riguardo poi al giorno, è e sarà sempre oggi. Per questo siamo chiamati a vivere il presente perché il Signore viene non nel futuro, non nei sogni, ma oggi, aiutandoci ad affrontare i problemi che incontriamo tutti i giorni.
La preghiera ci aiuti a rimanere attenti, in ascolto.
Il Signore viene e ci dà tante opportunità di fare del bene. Cogliere queste opportunità ci fa stare bene e in comunione con tutti.

Don Christian

Scarica il bollettino Insieme del 20 novembre

Cari parrocchiani,
oggi celebriamo Gesù Cristo, Re dell’Universo, celebriamo il Signore dei signori, celebriamo Colui che presiede al tempo e a tutta la storia, il Dio con noi. E mentre davanti ai nostri occhi e alla nostra intelligenza svettano parole piene di grandiosità e onnipotenza, ai nostri orecchi arriva travolgente e destabilizzante la parola del Vangelo, che prendendoci per mano ci porta lì dove il Re è stato incoronato, giudicato, riconosciuto e ucciso: il Golgota.
Egli, infatti, è un Re al contrario dei re di questo mondo, crocifisso tra malfattori; è un Re condannato dai poteri religioso e politico; è un Re che salva gli altri e non sè stesso. “Questo ladrone – commenta S. Giovanni Crisostomo – con la sua fede ha rubato anche il paradiso. Nessuno prima di lui ha mai sentito una simile promessa: né Abramo, né Isacco, né Giacobbe, né Mosè, né profeti, né gli apostoli. Il ladrone entrò in paradiso prima di tutti loro. Ha visto Gesù tormentato e lo ha adorato come se fosse nella gloria, lo ha visto inchiodato a una croce e lo ha supplicato come se fosse stato sul trono, lo ha visto condannato e gli ha chiesto la grazia come a un re. O ammirabile ladrone! Hai veduto un uomo crocifisso e lo hai proclamato Dio!”.

Don Christian

Scarica il bollettino Insieme del 13 novembre

Incontro di comunità

Cari parrocchiani,
la caduta del tempio di Gerusalemme è un segno della precarietà delle nostre costruzioni, della fragilità del mondo e di tutte le cose. Gesù sa che di fronte alla caducità, ai problemi della realtà può nascere la tentazione di lasciar andare il tempo e le cose al loro destino, rifugiandosi nell’evasione, nella superficialità, o richiudendosi nella paura.
E senza dare alcuna risposta precisa alle febbri apocalittiche sempre presenti nella storia – anche tra i credenti – ci invita, invece, a vivere pienamente il presente, a valorizzare con la perseveranza i giorni che Dio ci dà, affinché riusciamo ad andare in profondità, leggendo i segni dei tempi e vivendo con vigilanza il quotidiano, mai dimenticando ma – al contrario – conservando la memoria della promessa del Signore e attendendo che tutto si
compia.

Don Christian

Scarica il bollettino Insieme del 6 novembre

Cari parrocchiani,
in ognuno di noi c’è un piccolo “sadduceo” incapace di credere che la “risurrezione” sia anche per lui e di avere uno sguardo che va oltre le sue “morti” quotidiane.
Ma una vita a cui non dai più “amore” è una vita che non è più in grado di “generare”! Essere figli del “Dio dei viventi” significa, invece, lasciarsi trasformare ogni giorno, interiormente ed esteriormente, dall’amore.
Essere figli del “Dio dei viventi” significa uscire da sé per incontrare gli altri e l’Altro, perché solo così la vita può generare altra vita, riconoscendo quella
voce d’amore che dice che non è possibile che finisca tutto qua.

Buona domenica di risurrezione!
Don Christian

Scarica il bollettino Insieme del 30 ottobre

Zaccheo, pur appesantito dal peccato, dalle ricchezze, dal disprezzo della gente, ha ancora l’energia di correre e salire su un albero per vedere Gesù che invece è da Lui visto.
Anzi, adesso deve scendere: perché il Signore gli parla, si autoinvita, desidera entrare nella sua quotidianità.
Così, in ogni Eucaristia, Gesù ci chiama per nome, come ha fatto con Zaccheo, e ci invita a cenare con Lui. Questo pasto, segno del suo amore, ci apra gli occhi e il cuore per accorgerci che ci sono attorno a noi tante persone da aiutare con la nostra condivisione.

Don Christian

Cari parrocchiani,

Scarica il bollettino Insieme del 23 ottobre

nel Vangelo di questa domenica Gesù espone due atteggiamenti opposti nella preghiera, ma attraverso di essi allarga l’orizzonte: ci insegna che la preghiera
rivela qualcosa che va oltre se stessa, riguarda il nostro modo di vivere, la nostra relazione con Dio, con noi stessi e con gli altri.
Ciò che Gesù condanna nel fariseo non è il suo compiere opere buone ma il fatto che egli, nella sua fiducia in sé, non attende nulla da Dio.
Il pubblicano invece, figura del peccatore pubblico, si presenta a Dio sapendo di vivere nella colpa. Non ha nulla da vantare, ma sa che può solo implorare pietà da parte del Dio tre volte Santo. Per questo pronuncia parole brevissime, modello di ogni preghiera autentica:
“O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

don Christian

Carissimi parrocchiani,

Scarica il bollettino Insieme del 16 ottobre

Questa domenica il Vangelo ci porta a “scuola di preghiera” da una vedova, una bella figura di donna, forte e dignitosa,
anonima e indimenticabile, indomita davanti al sopruso.
C’era un giudice corrotto. E una vedova si recava ogni giorno da lui e gli chiedeva: “Fammi giustizia contro il mio avversario!”
Una donna che non si arrende ci rivela che la preghiera è un “no” gridato al «così vanno le cose», è il primo vagito di una storia neonata: la preghiera cambia il mondo cambiandoci il cuore!
E qui Dio non è rappresentato dal giudice della parabola, lo incontriamo invece nella povera vedova, che è carne di Dio in cui grida la fame di giustizia.

Omelia di don Christian di ingresso a Ravina e Romagnano

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Domenica 2 ottobre 2022
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, come Timoteo, a cui Paolo ha affidato la Chiesa del Signore, vengo a voi con sentimenti di gioia e di trepidazione per assumere la cura pastorale delle comunità di Ravina, Romagnano e Belvedere, ma anche nella serenità che è lo Spirito del Risorto ad essere il vero protagonista in mezzo a noi!
E arrivo a voi con la sensibilità del profeta Abacuc che piange un mondo malato, ingiusto e sofferente, ma anche desideroso di condividere con voi quel “tesoro di vita cristiana” costituito da tutte le persone che ho incontrato a Trento, a Mori, a Pergine e a Nago-Torbole e mi hanno testimoniato la fede, la speranza e l’amore!
E ancora vengo a voi con l’intimo dolore dei miei familiari che piangono la carissima zia Manuela passata ieri alla Patria del Cielo. Ora ella partecipa con noi nella festosa assemblea Celeste insieme ai nostri cari defunti, ai santi e agli angeli di cui oggi ricorre la loro festa.
Ora se l’avvenire che ci attende è assai incerto e a tratti fosco anche noi, come i discepoli, chiediamo a Gesù: «Accresci in noi la fede!».
Infatti al profeta Abacuc Dio fa capire la necessità di custodire la fede anche di fronte allo scandalo del male per farne un’occasione di conversione al bene!
Il problema semmai è che noi preferiamo fidarci degli amici, della banca, del governo, dei social… più di quanto ci affidiamo a Dio e fidiamo della sua Parola.

Carissimi/e Parrocchiani/e di Ravina e Romagnano,

Scarica il bollettino Insieme del 4/11/18 settembre

come avete saputo dagli organi di stampa diocesani, dall’11 settembre non sarò più vostro parroco. Sono stato poco in mezzo a voi e mi dispiace di non aver fatto conoscenza di tutti gli abitanti dei due sobborghi. In questo anno, con l’ausilio del mio padre spirituale, ho potuto continuare il discernimento sulla mia vocazione che mi ha portato a prendere la decisione di fare un periodo di prova con la possibilità di ritornare nella Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione da cui ero uscito per divenire prete della Diocesi di Trento.
È vero, sono rimasto poco, però, ho molte persone da ringraziare per la loro accoglienza e vicinanza. Non le nomino, perché sicuramente me ne scorderei qualcuna. Magari solo di una vorrei scrivere un ricordo, che è poi quello che mi aiuterà a ricordarvi tutti.
Il suo nome non lo scrivo, è un bambino di quattro anni, accontentatevi di una lettera puntata. D. è sempre a messa con i suoi genitori, certo seguiva la celebrazione a modo suo, magari ogni tanto giocando, ma è stato sempre in grado di farmi un enorme sorriso alla fine quando uscivo dalla sacrestia per andare sul sagrato. Veniva proprio a cercarmi per farmi questo suo grande regalo.
In questo bambino ho scorto il sorriso di Dio, la grande ricchezza delle nostre parrocchie. Come tutti sapete ormai, la situazione economica e di alcune strutture è deprecabile. Finché le nostre comunità avranno la ricchezza del sorriso di un bambino non c’è da temere: Dio c’è! La fede in Lui continuerà a germinare nel
campo delle parrocchie.
Io vi lascio, ma vorrei chiedervi un grande favore: state molto vicino a don Christian. Un caro amico che, vivendo tra voi, vi aiuterà a camminare verso altre rive, verso Dio che a volte sembra lontano, ma già abita i vostri cuori.
Concludo con un saluto che, per verità, ho rubato a san Francesco: “Il Signore vi benedica e custodisca.
Vi mostri il suo volto e abbia misericordia di voi. Rivolga a voi il suo sguardo e vi dia pace”.


Don Emanuele


Affidiamo al Signore don Emanuele perché possa intraprendere con fiducia e serenità il suo nuovo servizio trovando nella “sua
nuova gente” una famiglia che lo accolga con cuore aperto, libero e disponibile. Possa in essa essere fratello e amico con cui condividere le gioie e le fatiche della vita di ogni giorno, maestro e accompagnatore nella missione che gli sarà affidata.
Un augurio sincero e una preghiera speciale per un buon cammino, don Emanuele!
La comunità di Ravina Romagnano

“LA STRADA”, nuova Lettera del
Vescovo Lauro alla comunità.

Scarica il bollettino Insieme 21 e 28 agosto

FORZA
“Quando proposi la teoria della relatività, pochissimi mi capirono; e anche quello che rivelerò a te ora, perché tu lo trasmetta all’umanità si scontrerà con l’incomprensione e i pregiudizi del mondo. Vi è una forza estrema mente potente per la quale la scienza finora non ha trovato una spiegazione formale.
È una forza che comprende e gestisce tutte le altre, ed è dietro a qualsiasi fenomeno che opera nell’universo. Questa forza universale è l’Amore”. Parole straordinarie di un uomo straordinario. Albert Einstein le scriveva, stando ai critici, alla figlia Lieserl, in una lettera ai più poco nota, intrisa di evidenti seppur indiretti richiami biblici, filosofici (da Platone ad Aristotele, da Plotino a Sant’Agostino a Teilhard de Chardin) e ovviamente poetici: su tutti, in
particolare, il riferimento a Dante e all’ultimo approdo del Paradiso e
dell’intera Divina Commedia: “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.
Lo scienziato per antonomasia attribuisce all’amore lo stesso peso specifico
della forza di gravità. L’amore è ciò che ci tiene uniti al mondo, con i piedi
fieri di calcarne la terra. Di più, fa in modo – argomenta Einstein – che “le
persone si sentano attratte dalle altre”. “L’Amore – prosegue il grande fisico e
matematico – è luce, visto che illumina chi lo dà e chi lo riceve, è potenza
perché moltiplica il meglio che è in noi, e permette che l’umanità non si
estingua nel suo cieco egoismo. L’Amore svela e rivela. Per Amore si vive e si
muore. Questa forza spiega il tutto e dà un senso maiuscolo alla vita”. Einstein
conclude, rivolgendosi alla figlia: “Quando impareremo a dare e ricevere
questa energia universale, vedremo come l’A more vince tutto, trascende tutto
e può tutto, perché l’Amore è la quintessenza della vita”.
Sorprende questo tributo laico all’amore come chiave di lettura dell’esistenza.
In esso vi è già una risposta alla necessità di abitare pienamente la
complessità, senza timore di esserne soffocati.