È l’indifferenza che ci rovina

scarica il bollettino Insieme del 12 gennaio

Finita la parentesi di bontà natalizia, si torna alla ferocia abituale? Sembrerebbe di sì, guardando a quello che succede nel mondo di nuovo sull’orlo di una guerra totale.
Alla faccia di quella pace, tanto promessa e annunciata e cantata, nella quale pur crediamo e per la quale abbiamo pregato e continuiamo a pregare.
Ai grandi della terra probabilmente il Natale non porta granché. E a noi? È riuscito, riesce a scuoterci almeno un po’ dalla nostra indifferenza? O dobbiamo fare nostre le parole di quel canto d’avvento “…e ti abbiamo visto stabilire la tua tenda fra la nostra indifferenza d’ogni giorno”?
Quel mare della mia indifferenza nella quale mi sento talvolta immerso e nel quale sembra annegare la parte migliore di me!
Meno indifferenza e il Natale non sarà passato invano.
Un caro saluto.

don Gianni.

A chi ama dormire ma si sveglia…

A
chi
ama
dormire
ma si sveglia
sempre di buon
umore. A chi saluta
ancora con un bacio. A
chi lavora molto e si diverte di
più. A chi va in fretta in auto, ma
non suona ai semafori. A chi arriva in
ritardo, ma non cerca scuse. A chi spegne
la televisione per fare due chiacchiere. A chi è
felice il doppio quando fa a metà. A chi si alza presto
per aiutare un amico. A chi ha l’entusiasmo di un bambino
ma pensieri da uomo. A chi vede nero solo quando è buio.
A chi non aspetta Natale
per essere
migliore.
Auguri
auguri
auguri.


Ho copiato questi auguri dal centro diurno Filo Filò. Mi sono piaciuti perché simpatici, sbarazzini e… profondi.
E buona befana a tutti.

don Gianni

La culla è ancora vuota…

scarica il bollettino Insieme del 22 e 29 dicembre

ma a me il presepe piace anche così, senza il bambinello Gesù. Mi piace perché mi sembra che esprima con particolare evidenza la nostra situazione: c’è quel mondo immobile, le attività sospese, tutto passa in secondo piano perché l’attenzione è focalizzata sulla culla ancora vuota: e tutti, anzi, tutto (non solo le persone, ma l’universo intero) attende il Desiderato, l’Amore, il bambino Gesù. È una dimensione che, scommetto, c’è in ciascuno di noi, questo gioire di qualcosa o di qualcuno che non c’è ancora, ma che siamo sicuri che sta per arrivare; una persona o una realtà che risponde al nostro bisogno di bene.
E in questa atmosfera, anche l’attesa, anche la mancanza, anche il limite diventano dolci, leggeri, e ci aiutano a fare posto all’Atteso, in modo che quando arriva sappiamo accoglierlo con gioia, così, semplicemente.
Ed è allora che il Natale può diventare un profondo vero buon Natale.
Ma non solo Natale, anche ogni giorno del nostro tempo.
E allora a voi tutti un cordiale “Buon Natale”.
Don Gianni.
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Il prossimo bollettino “Insieme” uscirà sabato 4 gennaio 2020.
Buona fine d’anno 2019 e buon inizio 2020!

E tre!

scarica il bollettino Insieme del 15 dicembre

Accendiamo anche la terza candela della corona
d’Avvento: cresce il coinvolgimento nell’atmosfera natalizia (e stiamo attenti che per noi credenti non si riduca a frenesia consumistica), e, guarda un po’, perché non ci perdiamo in esteriorità o peggio ancora in emozioni intimistiche, la chiesa ci propone la giornata della carità, a ricordarci che a Natale dovremmo essere più buoni.
Cioè no, mi correggo: non è che a Natale dobbiamo essere più buoni… Ci viene ricordato, in questo tempo in modo particolare, che dobbiamo essere più buoni sempre, cioè che la bontà non può ridursi a un buon sentimento da appendere come ornamento all’albero, ma dovrebbe essere una dimensione costante del nostro essere cristiani, anzi del nostro essere
uomini o donne.
Una dimensione, la bontà, che se non è coltivata, rischia di atrofizzarsi, di scomparire, soprattutto nel mondo d’oggi.
Quelle tre candele illuminano, confortano, riaccendono.
Un caro saluto. don Gianni.
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ATTENZIONE: Il prossimo numero di Insieme uscirà il 22 dicembre e sarà unico per le due settimane da Natale sino all’Epifania.

Non maledire l’oscurità…

scarica il bollettino Insieme del 8 dicembre

…ma accendi una luce. È una saggezza spicciola, che troviamo qua e là (scritta perfino sul muro di una casa) e che esprime una convinzione profonda di chi sa affrontare la realtà
in modo positivo.
E il segno delle corone d’avvento che accendiamo in questi giorni d’avvento, si inserisce proprio in questo realismo positivo del credente.
Quella luce che giorno dopo giorno ci impegniamo a custodire e settimana dopo settimana ci sforziamo di accrescere mostra la nostra filosofia di vita: val più una piccola azione
positiva di mille sterili lamentele.
Anche perché sappiamo, anzi, soprattutto perché
sappiamo che la nostra luce, il nostro piccolo contributo positivo, il nostro impegno, la nostra fatica, perfino il nostro insuccesso, entra, non a vuoto, nella grande luce di Gesù: è lui il grande fuoco che alimentando le nostre fiammelle e
alimentato dalle nostre fiammelle, illumina la nostra notte e riscalda il nostro freddo.
Continuando il nostro avvento con la tenerezza e la fiducia di Maria, un caro saluto.
don Gianni.

Che sia l’amore che ci tiene svegli…

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non la paura. Così dovrebbe essere per noi credenti. L’invito che ci viene rivolto dal tempo di avvento è quello di essere svegli e attenti, non per la paura che arriva il castigamatti (persona che sa mettere in riga o con le buone o con la cattive, i
ribelli), ma per il desiderio di incontrare Gesù, colui al quale vogliamo bene.
Stare svegli e attenti per imparare “a distinguere dal rumore de’ passi comuni, il rumore d’un passo aspettato”… È quel passo del Signore che viene e che tante volte, nella nostra esperienza, sappiamo riconoscere e accogliere nei bisogni dell’umanità vicina e lontana colpita da terremoti, alluvioni, carestie; ma è anche quel passo che talvolta assume la pesantezza del vicino che crea rogne, del familiare noioso, del compagno di scuola problematico, del collega di lavoro carognetta anzichenò…
Anche in questi passi pesanti posso allenarmi a riconoscere la leggerezza del passo aspettato con gioiosa apprensione, quel passo del Salvatore, che viene a “salvare”, dare gusto, profondità, respiro, anche alla mia vita.
Un buon avvento a noi tutti, allora.
don Gianni.

Vatti a fidare…

scarica il bollettino Insieme del 24 novembre

Chissà se ci siamo mai trovati a pronunciare questa frase; probabilmente sì, è capitato a tutti di ricevere qualche colpo basso da qualcuno di cui ci fidavamo (in politica è diventato celebre a
proposito lo “stai sereno”…).
Qualche volta la posta in gioco è grande, altre meno, ma sempre ricevere una fregatura ci lascia con una sensazione amara e una ferita, la diffidenza, che tarda a guarire.
Di chi ci potremo mai fidare? È una domanda che esprime una delle crisi dei nostri tempi.
Non so dare ovviamente una risposta. Ma… e se girassimo la questione? Voglio dire: se invece di lamentarmi che non c’è nessuno di cui fidarmi, non cerco di essere io un tipo fidato? Uno che non ti frega, che resta fedele anche di fronte al rischio di rimetterci?
Forse non è un atteggiamento molto di moda. Ma non è nemmeno una rarità. Anzi. Talvolta, ad affrontare il mondo con un po’ di fiducia (e dico fiducia, non ingenuità o superficialità), ci accorgiamo che il prossimo non è proprio tutto così malvagio.
Un caro saluto. don Gianni.

C’è una domanda che mi frulla in testa

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È una domanda espressa in una lettera pubblicata da Vita Trentina di questa settimana: “Forse le persone migliori se ne sono già andate dalla Chiesa trentina e si stanno impegnando
altrove?” Spero vivamente di no! Lo spero e lo credo per quanto mi è dato da vedere: incontro ogni giorno nelle nostre comunità persone belle, che si impegnano per Dio e per i fratelli con generosità.
Eppure il fatto che qualcuno possa porsi domande come questa, non in polemica, ma sull’onda di una specie di delusione provocata dai credenti (fra i quali anche dei preti, come la lettera lascia capire), mi fa pensare, con un po’ di tristezza a quello che siamo, noi gente di chiesa, o per lo meno a come appariamo.
E mi salta agli occhi la verità di quello che dice S. Paolo in una delle sue lettere: “Portiamo un tesoro in vasi di creta”.
E sia! L’importante è che i nostri vasi di creta non siano così ermeticamente chiusi e corazzati da soffocare il tesoro che c’è dentro. E questo dipende da noi.
Un caro saluto.

don Gianni.

Brico-credenti

scarica il bollettino Insieme del 10 novembre

Se ho bisogno di un armadio e sono capace (o credo di essere capace) di costruirmelo da me, chi me lo fa fare di ricorrere a un falegname? Vado da Brico, mi prendo i pezzi che mi servono,
li taglio, li assemblo ed ecco un magnifico armadio.
Magari non proprio magnifico e perfetto, ma va benissimo per quello che mi serve.
Cosa analoga nella spiritualità: sta diventando sempre più “di moda” il credente fatto da sé, addirittura il cattolico fatto da sé, che decide da sé quello che è giusto e quello che non lo è, quello che vale la pena di seguire e quello che si puòtranquillamente tralasciare, secondo la propria sensibilità (qualche volta secondo il proprio comodo), e poco importa se papa
Francesco è d’accordo o meno.
Invece noi, cattolici di parrocchia, continuiamo a sforzarci di fare le cose assieme, di confrontare le nostre convinzioni con quelle di papa e vescovi, e perfino, udite udite, continuiamo a sforzarci di obbedire alle indicazioni della chiesa!
E il peggio è che ne siamo addirittura fieri.
Cosa ne dite? Non è che siamo irrimediabilmente fuori dalla realtà e della storia?
Un caro saluto.

don Gianni.

A proposito di santità…

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Ne parla spesso papa Francesco. Ovviamente, si dirà, è il suo mestiere. È vero, ed è anche vero che dice cose che si sono sempre dette, ma le dice in un modo che piace, perché sa sottolineare aspetti apparentemente (e sottolineo apparentemente) banali.
Come quando parla della santità del “popolo fedele di Dio”, che egli invita a contemplare con gratitudine “…nei
genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere.
In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della chiesa.”
Una santità quindi che, mi pare di poter dire, non è sinonimo di perfezione, ma che sottolinea la costanza, la fatica del tram tram quotidiano vissuto con consapevolezza, impegno e serenità.
Ripeto: a qualcuno può sembrare banale, ma è la banalità del vangelo delle beatitudini che risentiamo in questi giorni.
Un caro saluto.

don Gianni.